Spezie

Le 10 spezie che non possono mancare a un griller

Finalmente dopo tante ricerche, ragionamenti e teoremi di Pitagora, ho trovato il modo di riordinare la credenza delle spezie e mentre le guardavo gratificato, sorseggiando un meritato caffè riflettevo sul fatto che alcune vanno via a badilate, altre a pizzichi, altre sinceramente non ricordo in che anno sono entrate in casa e da quanto tempo non le uso.

In realtà queste considerazioni le facevo già al momento di scegliere i barattoli adatti: se da un lato è bello avere un armadietto ordinato, con tutti i contenitori uguali ed etichettati, è anche vero che alcune spezie anzichè altre hanno un iter differente, sia per frequenza che per quantità di utilizzo.

Va da sè che un barattolo da 1 CUP, riempito di paprika può durare il tempo di due pulled pork; lo stesso barattolo riempito di noce moscata potrebbe resistere benissimo per qualche anno….e allora perchè non scrivere un post sulle spezie, e in particolare quali sono le 10 indispensabili, che non devono assolutamente mancare nella dispensa di un pitmaster.

Partiamo!

Spezie

Sale

Potrà sembrare banale per quanto indispensabile in cucina, ma il sale va comunque inserito nella lista. E’ fondamentale nel barbecue come insaporitore, ma anche come elemento “chimico” per il seasoning, ed in particolare le salamoie o i brine.

E’ ovviamente presente nei rub e nelle salse, in quantità variabile a seconda dello stile. Non entro nel tema (moda?) dei sali colorati come il rosa dell’Himalaya, il nero di Cipro, il rosso delle Hawaii etc… ma un po’ di valore aggiunto lo voglio dare con due semplici tips.

Il primo riguarda le finiture, per le quali straconsiglio il Sale Maldon: un sale di provenienza inglese che ha la caratteristica di essiccarsi a forma di piramide, il che dà alle bistecche un boost notevole sul fattore “scrunch”.

Il secondo riguarda le ricette americane, dove tipicamente le quantità sono espresse in volume (CUPS, TaBleSpoons e TeaSPoons) anzichè in peso; e non contenti si fa spesso riferimento al sale kosher, che oltre ad avere consistenza diversa sia dal sale fino che dal sale grosso che si trova in commercio in Italia, è anche più complicato da reperire.

Il problema è che a parità di volume, un TBS di sale da cucina italiano è un bel po’ di più pesante di un TBS di sale kosher. Ebbene se non avete in credenza il sale kosher, per non ritrovarsi a bere tutta la notte dopo aver preparato pedissequamente una ricetta americana, basta tenere presente che il rapporto in peso tra sale Kosher e sale fino a partià di volume è circa 4/5. Il che significa che se in una ricetta trovate 1 CUP di sale kosher e avete in cucina solo sale fino, per rispettarne la quantità di sale effettiva prevista, basterà calcolare i 4/5 di CUP di sale fino (dai ve lo dico io quanto fa… sono 13 TBS, col tredicesimo scarso).

Zucchero

Anche lo zucchero, per quanto banale è degno di essere citato nella lista. Ne esistono un’infinità di specie e di accezioni, quindi cercherò di semplificare. Quello che comunemente chiamiamo zucchero, è scientificamente inteso come saccarosio. A seconda del livello e del tipo di raffinazione riassumo le tre principali tipologie inerenti la cucina lo zucchero bianco, quello comunemente chiamato di canna, e lo zucchero bruno o brown sugar. In sostanza, più il prodotto viene raffinato, più si chiarifica.

Quindi il cosiddetto zucchero di canna, giallognolo e in grana grossa altro non è che zucchero “parzialmente raffinato”, da non confondere con il brown sugar che è molto simile per colore ma riconoscibile per il suo aspetto umido, in quanto contenente una componente di melassa. Il brown sugar inoltre, a differenza dello zucchero “secco” che è solo dolce, ha un suo aroma particolare.

Anche nel caso dello zucchero gli usi sono molteplici: non solo per dolcificare rub e salse, ma anche per incentivare la reazione di maillard sulla carne. In questo caso però è fondamentale che lo zucchero, inteso in senso lato in questo caso sia riducente.

Già mi leggono in pochi, e se mi metto a parlare di chimica anche quei pochi se ne vanno… quindi mi limiterò a dire che lo zucchero comune inteso come saccarosio, NON è riducente, sebbene sia composto da glucosio e fruttosio che invece presi singolarmente lo sono entrambi. Ok a zucchero di canna, di barbabietola, e bronw sugar per le salse quindi, ma per pompare la reazione di Maillard, e quindi nei rub home made, consiglio il fruttosio.

Qui però se vogliamo proprio spaccare il capello in 4 c’è da dire che tra tutti gli zuccheri il fruttosio è il più spinto come potenza dolcificante. Se vogliamo quindi ottenere gli stessi risultati, ma senza dolcificare troppo, possiamo virare sul lattosio (il latte in polvere… che nel marasma di un rub è praticamente insapore) o sul maltosio (che però è un po’ amarognolo).

Pepe nero

finalmente arriviamo alla prima vera spezia. Il pepe è per fortuna comunissimo e di facile reperibiltà in Italia. La differenza sostanziale che ho riscontrato nell’utilizzo del pepe da quando faccio barbecue è la quantità utilizzata. Prima, come 9 italiani su 10, mi limitavo ad una grattatina sulla bistecca.

Nel mondo barbecue, al contrario ci sono preparazioni in cui il pepe ricopre completamente la carne, come ad esempio i rub texani per il brisket sale-pepe; ma a prescindere da questi casi estremi il pepe è veramente onnipresente seppure in minime quantità in rub, salse e seasoning, apportando un contributo caloroso e leggermente piccante. Dalla stessa pianta, attraverso differenti trattamenti si ottengono il pepe nero, bianco e verde. Il bianco è forse meno caloroso, ma più pungente del nero. Il verde è più delicato. Dovendo sceglierne uno, nero tutta la vita.

Paprika dolce

Tutti ne conosciamo l’aroma grazie alle patatine, ma non tutti magari sanno esattamente cos’è. Ebbene, non è altro che peperone essiccato e macinato. Poi se privato della parte interna, più piccante, si ottiene la paprika dolce; se invece si macina per intero, si ottiene la paprika forte. A seconda della qualità la sua aromaticita può spaziare dall’essere quasi impercettibile, fino a livelli “indiani” di speziatura.

L’origine è est europea, e trova il suo caposaldo nel gulash ungherese, ma nel mondo del barbecue americano è comunissima, e vi posso assicurare che va via veramente a palate. Il motivo è che grazie alla sua versatilità funge da base, o portante, per gran parte dei rub, donando oltre al suo aroma, colore e massa. Personalmente nelle mie preparazioni preferisco la varietà dolce, in modo da poter poi gestire la piccantezza separatamente, aggiungendo peperoncino vero e proprio.

Aglio

Anche questo lo conosciamo tutti, e o lo amiamo o lo odiamo. Io personalmente lo adoro, e non ho nessun pregiudizio quando me lo ritrovo in un piatto, sia cotto che crudo, con buona pace di chi mi starà vicino nelle ore successive. Noi italiani siamo abituati agli spicchi freschi, da soffriggere in padella, tritare, sbollentare in un sugo.

Nel barbecue invece quello che intendo è la versione essiccata in polvere. L’aroma è pressochè lo stesso, ma perde completamente la componente piccante e quella punta pungente che lo rende insopportabile a quelli che lo odiano. Esiste in realtà anche la versione granulare, che ha i suoi vantaggi quando si vogliono preparare dei mix di spezie a grana più grossa; tuttavia per le tipiche salse o rub, la versione in polvere è sicuramente più versatile.

Chili

Qui ci sarebbe da scrivere una tesi, e nessuna sarebbe quella definitiva. Per chili, intendo peperoncino, ma sappiamo bene quante specie di peperoncini esistano, e in quante forme: polvere, fiocchi, interi, freschi, secchi… A ognuno il suo quindi, ma se devo proprio dirvi la mia, i miei preferiti sono: cayenna e chile ancho in polvere; chipotle, tabasco, green chile e jalapenos freschi. E gli habanero no? Si, ovviamente si, ma sono veramente troppo piccanti, e per questo molto specifici; pertanto, fuori da questo decalogo.

Semi di sedano

Ora iniziamo a fare sul serio! Adesso vorrei sapere quanti di voi conoscevano i semi di sedano prima di iniziare a fare barbecue. Nessuno dai… me compreso. Sono semini piccoli piccoli, che in realtà, sanno di sedano, ma non c’entrano quasi nulla col sedano fresco anzi, se quest’ultimo è rinfrescante, i semi, come il pepe, li collocherei proprio nella categoria delle spezie “hot”.

Non sono affatto piccanti, ma danno quella sensazione di calore tipica del pepe. Sono talmente piccoli che non serve macinarli e si incastrano tra i denti che è un piacere. Certo tra le decine di erbe, spezie e semi, proprio questa specialità tra le 10 spezie immancabili? Si! Perchè figurano in quella che è forse la pietanza più rappresentativa del barbecue americano, ovvero le Ribs Kansas City Style. Quindi se vuoi fare il vero barbecue americano, i semi di sedano li devi avere per forza!

Cumino

Il cumino è una spezia di origine europea, ma tuttavia più presente nella tradizione culinaria indiana e nord africana, e forse il marchio più distintivo dello stile tex mex. Anche il cumino, come l’aglio, e il coriandolo fresco fa parte di quella famiglia di sapore che o li adori o li detesti, e pure questo io lo adoro. Si trova sia in semi che macinato, e anche in questo caso, l’utilizzo tipico che ne faccio segue la regola che se lo devo diluire in una salsa è meglio in polvere, mentre in un rub può aver senso anche in semi. Occhio però, perchè ne basta davvero poco…se si esagera l’effetto finale è inevitabile: ascella di messicano dopo una giornata di sole.

Timo

Questa in realtà più che una spezia è un erba, che comunque nel mio caso utilizzo tipicamente essiccata. Non varia di molto come aroma se utilizzata fresca, ma da essiccata ha un odore più penetrante e balsamico, di quelli che sturano il naso. E’ abbastanza particolare come aroma, quindi non è detto che si accompagni bene con tutto.

Figura comunque nel mio decalogo, in quanto componente fondamentale della cucina cajun, e ottimo con il pesce. Se usato secco, trattandosi di foglioline minuscole e allungate, in bocca tende a “pungere”; pertanto consiglio di polverizzarlo in caso di salse, o rub, o di procurarselo fresco per utilizzi come seasoning o wet rub.

Origano

Un’altra erba, necessaria a completare il corollario cajun assieme a timo, aglio e pepe. In realtà però, l’origano è ben versatile su svariate carni e preparazioni alla griglia anche senza andare oltre oceano; pertanto penso non sia necessario soffermarsi più di tanto. Così come il tipo si può utilizzare sia fresco che essiccato.

La foglia essiccata è meno appuntita del timo e può essere facilmente sbriciolata anche con le dita, senza bisogno del macinaspezie. Ah ecco! Una cosa che mi ero dimenticato di dire e che vale anche per il timo: attenzione alle erbe secche quando si fa direct grilling, perchè se si bruciano (e lo fanno… lo fanno) lasciano un fastidiosissimo sapore amaro!

Rosmarino

Chiudo la lista con quella che è forse la spezia più sintomatica della grigliata all’italiana. Il rosmarino fa grigliata da sè! Ha quell’aroma unico che ti salva pure gli arrosti più disperati. Stranamente nelle preparazioni americane non è diffusissimo; forse perchè ha un aroma veramente dominante, e quando c’è lui, è difficile trovare qualcosa che lo contrasti. Quindi tradizione a go go, aglio, sale, pepe e via…che sia Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio o Ferragosto.

 E voi che ne pensate? La vostra lista coincide con la mia o cambiereste qualcosa?
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